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VOID racconta una storia importante ma lontana, dimenticata o sconosciuta, che diventa perturbante (sovrannaturale o, se vogliamo, (trans)umana, che va al di là dell’umanə) nella sua rivelazione intima, vicina, familiare. Perturbante è un termine freudiano per esprimere in ambito estetico un particolare senso di paura. “Das Unheimlich”, il perturbante, è lo spavento che si prova davanti ad un’esperienza emotiva che fa traballare momentaneamente le nostre certezze acquisite. L’interesse di Freud per quest’area dell’esperienza umana si focalizza, nel suo saggio omonimo del 1919, in particolare intorno a quelle produzioni artistiche e letterarie che maggiormente fanno leva sull’evocazione del “soprannaturale”. È l’alterazione di un qualcosa che ci è familiare, che diviene improvvisamente altro, diverso. È un oggetto casalingo, inanimato, che comincia a muoversi da solo, o un corpo fantasmagorico che appare nella stanza da letto. Il perturbante è uno stato che può accadere sia quando è l’ambiente familiare a subire una radicale trasformazione, ma anche il contrario, quando è un elemento sconosciuto che improvvisamente si rivela intimo, vicino. È come questa storia, così lontana, che poco a poco diventa nostra. 

La vicenda da cui partiamo viene 'ricordata' in rete, in italiano, come "l' Incidente di Goiania". Importante e moderna città del centro geografico del Brasile, in cui, nel 1987 pochi grammi di Cesio 137 hanno provocato una delle più gravi catastrofi tecnologiche della storia.  Dalla ricerca sull'episodio, lo spettacolo non percorre il cammino del "teatro di racconto", o documentale. Transita invece, non solo narrativamente, ma anche esteticamente, su diversi piani d'ascolto. Scandaglia i frammenti narrativi delle differenti possibilità su come il fatto si sia svolto. A volte sono testimonianze, dirette o indirette, altre sono memorie artefatte dai media, o frammenti di cronaca, fino a attingere a narrative fantastiche. La drammaturgia caleidoscopica (tanto verbale, come visiva e sonora) rivela le impressionanti contraddizioni sociali, economiche e geopolitiche, che emergono da questa tragedia, e che ricordano spesso, le recenti vicende del Brasile contemporaneo. I limiti tra la realtà e la rappresentazione sono incerti. La parziale scomparsa di questa vicenda dalla memoria collettiva ci fa addirittura dubitare del suo reale accadimento. Ed è proprio questa incertezza il centro della nostra ricerca teatrale.

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L'incidente di Goiânia 

Nel 1987, periodo di transizione politica tra la dittatura militare e le nuove elezioni, a Goiânia, in un edificio abbandonato ( l'ex Istituto di Radioterapia della città) due ragazzi trovano il rottame di un macchinario di radioterapia in disuso. Lo prelevano e lo smontano, con l'intuito di vendere le parti in piombo al proprietario di un deposito di materiali riciclabili. Durante lo smontaggio, i due ragazzi rompono parzialmente l'involucro di una capsula contenente una pastiglia di Cesio 137, materiale friabile, altamente radioattivo, con proprietà fluorescenti. Iniziando così, inconsapevolmente, la più grande contaminazione radioattiva della storia, estranea alla fuoriuscita di materiali radioattivi provenienti direttamente da centrali nucleari. Il proprietario del deposito acquista i pezzi dell'apparecchio, e la notte stessa dell'acquisto, si accorge della fluorescenza impressionante proveniente dalla capsula. Ne estrae il contenuto e lo distribuisce a amici e familiari ritenendolo, per le affascinanti proprietà fluorescenti, un materiale prezioso. I frammenti radioattivi si espandono in pochi giorni in tutta la città. Ufficialmente i dati parlano di 4 vittime, di 151 contaminati direttamente dalla radiazioni del Cesio, e di 1143 persone colpite indirettamente. Diversamente, l'associazione delle Vittime del Cesio, afferma que fino all'anno 2012, a 25 dall'incidente, le vittime sono 104, per decessi provocati da malattie relazionate direttamente alla contaminazione, e 1600 le persone ancora in cura.   

“In Psicotropico, il mio spettacolo precedente, ho isolato un ricordo personale, per me molto significativo, e l'ho moltiplicato e sovrapposto a altre storie che in qualche modo rispecchiavano la memoria del mio ricordo. Cercavo, in questo modo, di "contaminare", con i frammenti del mio ricordo, (straniero, di un altro paese e lingua), i ricordi del pubblico. Void è allo stesso tempo, un'espansione e un'inversione di questa esperienza sulla percezione di realtà. Durante lo spettacolo cerco di ricordare qualcosa che non posso ricordare, che non appartiene alla mia memoria, ma potrebbe appartenere alla memoria del pubblico. La mia incertezza cerca delle conferme da parte del pubblico, che a sua volta non ricorda, o nella maggior parte dei casi, in Brasile, ricorda vagamente, , e all'estero il ricordo è pressoché assente, ma creiamo così, nella mancanza, nel vuoto, nuove possibilità. É il pubblico questa volta che mi "contamina".  Alvise Camozzi

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